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“Destrutturiamo il cliché … è la diversità fatta sistema che diventa una forza”

“Destrutturiamo il cliché … è la diversità fatta sistema che diventa una forza”

Le aree di intervento della Cooperativa Dedalus sono molto articolate e diverse per tipologia e profilo. Ad ogni area corrisponde un sistema di intervento supportato da professionisti che con esperienza e competenza mettono in campo gli interventi necessari per realizzare la mission per la quale la cooperativa Dedalus si batte da oltre 30 anni : l’inclusione e l’abbattimento di ogni barriera fondata sul pregiudizio.

Glauco Iermano è uno dei coordinatori dell’area minori non accompagnati, laureto in scienze politiche all’università L’Orientale di Napoli nel 1997, lavora dal 1999 nell’ambito dell’immigrazione e dell’intercultura

I: Dottor Iermano, cerchiamo di comprendere più ampiamente quali sono le diverse aree di intervento della cooperativa Dedalus.

G.I. La cooperativa Dedalus nasce nel 1981  e si dirama in sette grandi aree di interesse ed intervento: area minori soli non accompagnati, area accoglienza, area tratta, area scuola, area marginalità urbane, area mediazione linguistica/culturale, area formazione orientamento. Io mi occupo del coordinamento della prima area elencata denominata “Msna”.

I: Può parlarci del suo ruolo di coordinatore “Area minori non accompagnati” presso la cooperativa Dedalus?

 G.I. Dopo aver maturato una lunga esperienza, sempre nel campo dell’accoglienza di migranti e dell’intercultura, con grande orgoglio sono entrato in Dedalus nel 2007 e da quel momento si è avviato un sistema di doppio coordinamento  all’interno dell’area MSNA con Lassaad Azzabi, amico e professionista in gamba! Un doppio coordinamento che rappresenta un esperimento unico in quanto abbiamo background ed esperienze diverse ma che unite diventano un valore aggiunto. Noi destrutturiamo il clichè: siamo l’esempio che la diversità fatta sistema diventa una forza. Ad ogni modo, mi occupo di coordinare questa area molto delicata della cooperativa Dedalus, studiando e pianificando i servizi, i progetti e le attività relative all’ accoglienza, all’orientamento didattico, professionale, ricreativo e ludico-sociale,      tutto ciò mediante l’utilizzo del pilastro metodologico della “mediazione linguistico-culturale”.

I: Ci aiuti a conoscere meglio i “minori stranieri non accompagnati”….

G.I: Sono ragazzi, adolescenti che vivono la perenne contraddizione tra la necessità di essere grandi per affrontare la strada, la precarietà e la voglia di essere piccoli per poter vedere riconosciuto il proprio diritto di affetto, di coccole e di gioco.

I: Cosa prevede lo status giuridico dei Msna?

G.I.  E’ uno status duplice e complesso, che si trova a cavallo tra due normative differenti e spesso contrapposte. Da un lato quella nazionale ed internazionale di tutela del minore caratterizzato da una serie di interventi finalizzati alla protezione sociale, all’inserimento educativo ed al collocamento in strutture di accoglienza, dall’altro la normativa più restrittiva relativa all’immigrazione che prevede la presa in carico del giovane durante la minore età ma che diviene spesso discriminante una volta che il giovane abbia compiuto il 18esimo anno di vita.

 

I: Dunque, in che modo si inseriscono in questo intricato quadro normativo gli interventi messi in campo dalla Cooperativa Dedalus nella tutela dei minori? Quale dunque l’obiettivo al centro delle azioni di questa ampia ed eterogenea rete di professionisti che con amore e dedizione assistono quotidianamente centinaia e centinaia di giovani stranieri?

G.I. Le finalità degli interventi integrati della Dedalus sono molteplici: favorire l’incontro dei giovani migranti con  il sistema dei servizi, degli adempimenti burocratici e delle norme vigenti nel nostro Paese, offrire spazi di ospitalità ed accoglienza, formare linguisticamente e culturalmente ed orientare ed offrire sostegno nella formazione professionale e nell’inserimento lavorativo non tralasciando mai le attività dello sportello di ascolto e di consulenza giuridica.

I: Ha parlato di doppio coordinamento, quali sono i punti di forza di un lavoro di squadra nel quale si interfacciano differenti figure professionali?

G.I. Nell’area minori il punto di forza è un’equipe di operatori provenienti da diversi contesti culturali, infatti ogni operatore contribuisce con la propria esperienza e la propria formazione. Accade che le diverse situazioni o problematiche vengono analizzate insieme da differenti prospettive che hanno l’obiettivo comune di rendere  efficace l’intervento verso i destinatari. Nel lavoro d’equipe dunque un elemento da non tralasciare è l’importanza del sostegno reciproco, in un momento in cui una parte del gruppo o anche solo un operatore manifesta una situazione di difficoltà gli altri tendono a sostenerlo ed incoraggiarlo così come accade in un team sportivo che ha l’obiettivo, il fine ultimo di vincere.

Claudia Cannavacciuolo

 

 

 

 

Le rotte orientali dei migranti raccontate da chi le ha attraversate: la storia di Dilal, oggi mediatore Dedalus.

Le rotte orientali dei migranti raccontate da chi le ha attraversate: la storia di Dilal, oggi mediatore Dedalus.

“…ed è quando butti via i documenti che ti hanno fornito, quando ormai puoi andare solo avanti senza voltarti più indietro che smetti di essere quello che eri e ti trasformi in migrante….in clandestino…”.Dilal

Il mediatore racconta le tragiche esperienze dei migranti che hanno battuto la rotta libica e l’inferno dei sequestri e dei rapimenti.

 

Md Dilal Hossen ha 19 anni, proviene da Sylhet, una città a nord-est di Dacca in Bangladesh ed è in Italia da quando ne aveva 17. Quando è partito non sapeva cosa il destino gli avrebbe riservato, quanto sarebbe durato il suo viaggio cosa sarebbe potuto accadere ma aveva un unico obiettivo segnato su un pezzetto di carta… una scritta “Dedalus – centro interculturale Nanà- Napoli”. Qualche amico gli aveva parlato di questo posto, un luogo che rappresentava il suo traguardo, l’associazione che gli avrebbe permesso di iniziare a costruire il suo futuro.  Insomma, un semplice passaparola che gli ha completamente cambiato la vita perché oggi Dilal è un bravo mediatore culturale della Dedalus che svolge il suo lavoro con grande professionalità, preciso e meticoloso, un interprete valido e preparato che parla ben cinque lingue: bangla, urdu, hindy, inglese ed italiano.

Kean Bridge nel centro di Sylhet in Bangladesh

I:Cosa facevi in Bangladesh? Puoi raccontarci qualcosa della tua famiglia, della tua vita?

D.H. : Certo, provengo da un piccolo villaggio vicino a Sylhet, lì vivevo con la mia famiglia dove abbiamo una bella casa e non mancava il necessario ma crescendo ho subito capito che dovevo rimboccarmi le maniche ed iniziare a studiare e lavorare perché le cose non andavano poi così bene . Ho due fratelli che lavorano come tassisti io invece desideravo continuare gli studi. Infatti a 14 anni lavoravo, nel mio tempo libero,  in un ristorante prima come lavapiatti poi, piano piano, come cuoco senza mai trascurare gli studi.

I: Quando hai deciso di partire? Chi ti ha aiutato a pianificare il viaggio?

D.H. Parlando  con degli amici mi raccontavano di storie di altri amici che erano arrivati in Europa, per studiare, lavorare, delle possibilità che avevano avuto in un posto diverso e così ho deciso che ci avrei provato. I miei genitori mi hanno appoggiato perché volevano che io fossi felice anche se ciò significava stare lontano da casa. Così questi amici mi hanno presentato delle persone, i cosiddetti “Passeurs” che stavano organizzando una partenza per l’Europa ….eravamo una decina di persone.

I: Ti è stato subito chiesto dei soldi…quanto costa un viaggio simile? Cosa ti hanno detto riguardo le rotte ed i percorsi che avresti dovuto seguire, ti hanno detto quanto tempo sarebbe durato tutto l’attraversamento?

D.H.  Dal Bangladesh costa circa sei o settemila euro…anche di più! Paghi tutto in anticipo  perché devi ricevere biglietti aerei, visti, documenti….e poi speri che vada tutto per il meglio! Mi hanno parlato di due rotte: una con passaggio per la Turchia ed è quella che ho percorso io e l’altra per la Libia ma quello è un inferno vero e proprio.

I: Potevi scegliere la rotta da seguire, potevi scegliere di evitare il passaggio dalla Libia?

D.H. No assolutamente. Decidono loro in base ai loro calcoli, sono delle persone organizzatissime e tecnologicamente molto attrezzate. Devi affidarti, io sono stato fortunato ma molte persone che ho conosciuto hanno visto morire i propri compagni di viaggio, i racconti di quelli che sono stati rapiti e sequestrati in Libia sono raccapriccianti.

I:Cosa ti hanno raccontato della Libia? Come vengono trattati i migranti che vengono sequestrati ?

D.H: Mi hanno raccontato che vengono presi da criminali appartenenti alla rete del traffico internazionale di uomini o da poliziotti corrotti. Vengono sequestrati e messi in prigione o nelle stanze completamente chiuse senza cibo e acqua per giorni interi. Anche 100 persone in una stanza,quindi immagina in che condizioni igieniche. Spesso queste persone si ammalano o muoiono in questi posti dove restano segregati anche per mesi.

(immagine tratta dal web)

I:Quali sono le condizioni per la liberazione?

D.H. Ovviamente pagare più soldi possibile per farti continuare il viaggio. Loro si informano sulla famiglia e sulle possibilità economiche dei familiari dei prigionieri così capiscono quanto possono chiedere, quanto possono ricavare. Se ti fai mandare i soldi ti lasciano “libero” ma significa solo che puoi raggiungere il barcone che “dovrebbe” portarti in un luogo sicuro, di accoglienza.

 

 

I: Ma la cronaca ci mostra quotidianamente che molto spesso queste imbarcazioni di fortuna non raggiungono la destinazione promessa….moltissimi muoiono in naufragi o incidenti durante l’attraversamento in mare, quindi parlare di libertà è ancora presto…

D.H. Si perché poi ti lasciano libero ma può capitare che un altro gruppo di trafficanti ti sequestri nuovamente o ti riporti ancora  nella stessa prigione con lo scopo di estorcere altri soldi ancora. Ad ogni modo il barcone, in quel momento, diventa l’unica speranza…e poi vivere o morire!

I: Il tuo percorso invece? Puoi raccontarci come sei arrivato in Italia?

Il mio viaggio rappresenta la rotta per la Turchia/Grecia diciamo meno pericolosa della rotta libica. Sono partito dal Bangladesh  con un aereo per l’Iran. Arrivato lì ho buttato via i documenti falsi che mi avevano fornito gli organizzatori, ed è in quel momento, quando ormai puoi andare solo avanti senza voltarti più indietro che smetti di essere quello che eri e ti trasformi in migrante….in clandestino! In Iran, i “Passeurs” hanno accompagnato il mio gruppo per un pò….circa 7 ore di cammino notturno  per le montagne che delimitano il confine turco. Bisognava prestare molta attenzione alle indicazioni dei “Passeurs” per evitare i controlli di sicurezza e per seguire il sentiero giusto…se si sbaglia strada rischi di camminare per ore senza arrivare da nessuna parte! Arrivati in Turchia raggiungere la Grecia è abbastanza semplice….si tratta di percorsi con mezzi tipo taxi o a piedi per un pezzo….poi con la barca. In Grecia sono stato nei primi centri di accoglienza dove ho incontrato rifugiati provenienti da ogni parte del mondo….poi sono imbarcato per l’Italia fino ad arrivare qui a Napoli.

Mediazione culturale al centro di Vico tutti i Santi

Dilal con Lassaad Azzabi, coordinatore del centro Nanà

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I: Ora lavori per la cooperativa Dedalus, la stessa che ti ha sostenuto, formato ed aiutato appena arrivato in Italia. E’ un bel traguardo!

D.H. Si, sono stato molto fortunato, ogni giorno per me è una conquista, una battaglia  che vinco. Ho ancora tanto da fare…voglio migliorare e non fermarmi.  Continuare a studiare, c’è ancora molto da imparare…il mio obiettivo è diventare un professionista vero e dare aiuto a chi ha intrapreso il mio stesso percorso….essere un esempio.

I: Cosa vorresti dire ai ragazzi che vedono l’Europa come un sogno, come una possibilità per il futuro?

D.H: La situazione è molto complicata, in realtà non è cosi facile e luminoso come sembra…l’Europa è un posto bello ma bisogna lottare e dare 100% per avere un’opportunità. Ci vuole tanta forza e coraggio….pazienza e buona volontà. Bisogna essere pronti a lavorare duro per imparare ed avere fiducia in se stesso. Ci sono grandi sacrifici per arrivare al proprio obiettivo e cioè quello che ha spinto noi ragazzi a lasciare la nostra terra, amici e parenti….la strada è in salita, non bisogna pensare all’Europa come ad un “piatto pronto” ma bisogna guadagnarsi un “posto” nel nuovo Paese con grande impegno, studio e lavoro. Non bisogna ascoltare i pregiudizi. Io so chi sono e quanto valgo. Non bisogna farsi disturbare dalle chiacchiere della gente…andare avanti sempre e lasciare le stupide chiacchiere alle tue spalle!!!! La risposta al pregiudizio è quello che sono….quello che ho costruito!

 

Claudia Cannavacciuolo