#LucaParente incontra e conosce il Centro Nanà di Napoli
A Napoli, si sa, molti servizi non funzionano, la città è sporca, fa caver’ e nei mezzi pubblici va in scena una sorta di gara per la top list degli accidenti urbani che vanno al rovescio. O’ tiatr napulitan !
A me però oggi, lunedì 15 luglio 2019, è capitato qualcosa di diverso. Sono stato a Marechiaro, la cartolina di Napoli, quella della famosa “fenestrella”, dove l’associazione dell’omonimo quartiere ospitava una decina di ragazzi minorenni (o quasi) del Centro Naná della Cooperativa sociale. Io ero l’unico ospite imbucato, inatteso e non preventivato ma nessuno se n’è accorto. Ero clandestino, allora ho provato a fingere un accento aretino ma si parlavano indifferentemente le lingue del mondo, quindi prevalentemente napoletano, e l’unico intento era quello di capirsi al minimo cenno. Gambia, Mali, Kossovo, Tunisia, Marocco, Libia, Latina, zona vesuviana/flegrea, Verbania… senza neppure tentare l’ordine alfabetico.
Era la semplice realtà che trovi nelle scuole di ogni metropoli del mondo ma non si era in aula e non si partiva dalla teoria, amen.
Non si parlava di integrazione, cittadinanza attiva, inserimento abitativo-educativo-socialculturale, le chiacchiere stavano semplicemente a zero.
C’erano Giuliano, Cecilia e Glauco, cioè gli educatori, che seppur rilassati avevano gli occhi anche dietro la testa per accompagnare l’armata Brancaleone a mare. Avevamo di tutto: “il rapper” sempre connesso, che per inseguire il selfie lo dovevi scollare dai muretti panoramici che sembravano strapiombi. “Il timido silenzioso”, che meno parlava l’italiano e più cercavi di intercettarlo. Poi c’era “il solidale”, che sbucava sempre dove c’era bisogno. Infine forse “l’agile”, che sugli scogli sfoggiava parcour e raccoglieva tachicardie scomposte. Il mio preferito però era il gambiano, cioè quello talmente pacifico che si è addormentato sulla sdraio con il sorriso e il telefono sulla guancia ascoltando Rocco Hunt. Gesù la contaminazione! Corre voce che ci sia addirittura la prova video. Speriamo non diventi virale.
Insomma, nello stupore di Pausyllipon, era previsto che la paranza noleggiasse addirittura le canoe per esorcizzare i recenti traumi di chi ha in comune una sola cosa: la drammatica traversata a mare per mettere piede a terra.
E se le chiacchiere dovevano stare a zero, sarebbe un dovere provarci pure con la retorica. Ci provo anch’io ma non è detto che ci riesca.
Quelli che non sapevano nuotare, e non solo, hanno indossato comunque il giubbotto salvagente e ci siamo spinti in due gruppi fino alla Gaiola e oltre. Grotte, onde, remate inaspettatamente a sincrono, cozze, ricci sotto i piedi, gabbiani e silenzio.
Accelerando nel racconto, sembrerebbe che l’unico che, pur di farsi il bagno, abbia fatto capovolgere la canoa imbarcando irrimediabilmente acqua vicino agli scogli… sia stato il guru della pagaia, cioè il sottoscritto. E poco interesserebbe se non fosse che, come una maledetta murena da dentro gli scogli, spuntasse fuori “il solitosolidale” in soccorso. Chiede prima di tutto di me, della mia persona, poi tira su la mia fottuta canoa da fiume, la svuota e recupera il remo. Anche l’oggetto è salvo! Tutto con molta, troppa naturalezza. Mi sforzo e non bestemmio nelle lingue di babele, sarei stato decodificato. Con una smorfia mi sforzo di non pensare a salvini, “il solidale” lo prende per un sorriso da “tipo buono”, mi dà la mano e chiudo la partita pace e patta. Schh silenzio, gli amici, i napoletani, non hanno visto niente! È solo la solita, l’ennesima figura di me.
Si torna su per gli scalini nella sede dell’associazione “Borgo di Marechiaro”. Si era già notato da mare un discreto pubblico femminile dai vari terrazzamenti. Erano le socie volontarie in rappresentanza del quartiere. È assurdo pensi e ti ritrovi per giunta il pranzo con le specialità napoletane apparecchiate all’aperto sotto l’ombrellone. È uno shock anche per noi terroni: frittate di maccheroni, couscous…. Basta basta elenchi… c’erano poi i dolci e la coca cola era gelata. Ma perché? Perché? Perché la napoletanitá ti sorprende pure quando te l’aspetti. Erano solo felici di conoscere l’umanità o di condividere la convivialità del pasto, ma forse a Napoli è la stessa cosa. Potevano mangiare a casa loro e con i loro figli…ma a tavola in effetti ci sono gli stessi atteggiamenti, le stesse discussioni di tutti i giorni come con i cugini e nipoti. Infatti nel dopo pranzo, c’è stata improvvisamente l’urgenza disperata di fumare una sigaretta nell’istante esatto in cui i fumatori avevano buttato giù l’ultimo boccone. Ne è nata una discussione schietta sul piacere di aspettare gli altri e di iniziare a ringraziare invece lentamente ciò che stavamo ricevendo. Noi napoletani abbiamo cercato di iniziare dalla regola e non dall’eccezione e veniva facile dirlo ad alta voce perché facevano finta che lo stavamo insegnando agli altri.
Insomma è stata una giornata che è andata al rovescio. Roba che neppure racconteresti sul tram, figuriamoci in televisione.
Il mio cuore era oltreconfine e perciò ringrazia,
Luca o’ paré