Quando sono entrata il primo giorno nel Centro Interculturale Nanà ho trovato di fronte a me circa una trentina di ragazzi, intenti a svolgere diversi tipi di attività ludico-ricreative e di socializzazione.
Ragazzi che a primo impatto avevano gli stessi visi di chi, anonimo e privo di storia ai nostri occhi, ti vende i bastoni per i selfie, i braccialetti, le rose, i pacchi di fazzoletti…
Ho cominciato ad ascoltare i loro nomi e non riuscivo a non pensare al fatto che quei ragazzi sarebbero potuti essere gli stessi che fanno parte di quella categoria di “invisibili” che gira per le nostre strade e le nostre piazze, ma che nessuno vede.
La prima cosa che ho pensato è stata che il Centro Nanà rappresentasse un luogo in cui si ha il riconoscimento della “persona”, in tutta la sua dignità e nella sua singola identità, al di là dello status giuridico o della nazionalità, un luogo in cui minori sono considerati nella loro storia unica e personale, con i loro particolari bisogni e le loro specifiche esigenze e dunque uno spazio in cui, a seconda delle circostanze e dei momenti, il minore ha la possibilità di emergere con tutto il suo bagaglio culturale, sociale, emotivo ed affettivo.
Il Centro Nanà, sulla base della mia esperienza e dei mesi trascorsi in quelle piccole stanze colorate insieme ai ragazzi, è uno spazio in cui il minore migrante ritrova i propri connazionali, la propria lingua e la propria cultura, e quindi un piccolo pezzo del suo mondo lontano.
Nello stesso tempo è uno spazio in cui trova altri “stranieri” come lui, a cui è accumunato da esperienze simili e dalla condizione attuale di “immigrato”.
È il luogo di incontro tra persone differenti, con cui confrontarsi e crescere, persone provenienti da Paesi diversi e geograficamente e culturalmente molto distanti, ma che spesso condividono le stesse paure e gli stessi sogni.
Il Centro Nanà è lo spazio in cui il “minore straniero non accompagnato” diventa un “soggetto” con una sua personale storia alle spalle e con i suoi personali obiettivi da realizzare e un adolescente che, pur con il suo carico di
responsabilità e preoccupazioni, riesce a trovare un angolo in cui potersi dedicare allo scherzo, allo svago e al gioco.
Qui è possibile mostrarsi con le proprie debolezze e le proprie fragilità, ma è anche possibile (ri)scoprire le proprie attitudini, le proprie potenzialità e i propri punti di forza.
La voce dei ragazzi di Nanà, inoltre, porta alla luce tutte le criticità e le inefficienze del sistema di accoglienza e presa in carico dei MSNA: le prassi locali divergenti, il caos normativo ed operativo, il funzionamento inadeguato e poco trasparente di molte Comunità di accoglienza, la scarsa preparazione e professionalità di molti operatori, e spesso il loro disinteresse per la reale situazione del minore, sono tutti elementi che prendono forma nel momento in cui questi ragazzi si ritrovano in un unico posto ed emergono le differenze di trattamento nel loro percorso di accoglienza e inserimento.
Da questo punto di vista, il Centro Nanà è anche la dimostrazione di quanto il destino di questi ragazzi possa essere diverso a seconda del territorio, del comune, della comunità e degli operatori che incontreranno lungo la strada.
Nell’ambito dell’intero percorso di avvicinamento, aggancio, accoglienza, presa in carico e supporto dei minori stranieri non accompagnati ad opera della Cooperativa Sociale Dedalus, il Centro Interculturale Nanà si è rivelato essere nel tempo il nucleo centrale. Il Centro, infatti, si è dimostrato e si dimostra tuttora essenziale per la riuscita della presa in carico “complessiva” del minore, sia perché costituisce lo spazio in cui più facilmente può essere creato quel rapporto di fiducia indispensabile per un inserimento positivo dei ragazzi, sia perché svolge una funzione aggregatrice e informativa dei diversi servizi destinati ai MSNA.
La presenza del minore all’interno del Centro, la frequentazione delle varie attività e il suo rapportarsi con figure di diversa natura, fanno sì che si possa mantenere un contatto continuativo e completo con il minore stesso, seguendolo nelle varie tappe del suo percorso di accoglienza e inclusione e potendo in questo modo rilevare eventuali disagi, sofferenze, rischi di devianza e problematiche di varia natura.
Il Centro Nanà spesso funge da polo attrattivo anche per numerosi ragazzi che ne vengono a conoscenza tramite il passaparola tra i migranti stessi e vi si recano con domande di aiuto di vario tipo, con richieste di supporto e di orientamento o anche semplicemente per passare un po’ di tempo in un luogo ospitale e di confronto, anche in assenza della presa in carico da parte della Cooperativa o dei servizi territoriali.
Tanti, per esempio, sono i ragazzi che per ragioni di diversa natura non vogliono essere segnalati ma che si avvicinano al Centro Nanà per cercare una soluzione alla loro situazione di marginalità, o ancora i ragazzi che dormono in stazione o per strada e che vengono accompagnati al Centro dai propri connazionali dopo esser stati notati e avvicinati da questi ultimi.
Per molti il Centro può rappresentare soltanto un luogo di passaggio o un luogo di approdo temporaneo, così come per altri invece ha rappresentato e rappresenta un punto di riferimento importantissimo.
Numerosi sono i ragazzi, infatti, che anche dopo essere usciti dal circuito dell’accoglienza, e che hanno ora un’autonomia abitativa e lavorativa, continuano a frequentare il Centro per un aiuto, un consiglio, un sostegno o anche semplicemente per incontrare visi familiari.
Il Centro Nanà, a mio avviso, è uno di quei pochi posti in cui i minori stranieri non accompagnati non sono semplicemente dei corpi anonimi a cui si deve trovare una sistemazione e dare un’assistenza esclusivamente materiale, ma sono considerati nella loro identità, nel loro intreccio socio-emotivo dovuto all’essere contemporaneamente “grandi” e “piccoli”, nelle loro fragilità e insieme nelle loro potenzialità; un luogo in cui sono riconosciuti come “persone” con tutto il loro carico di esperienze, sofferenze, paure, ma anche di aspettative, di desideri e di sogni.
Il Centro Nanà, così come le sue porte colorate che si aprono in un vicolo di una Napoli più periferica e marginalizzata, rappresenta una piccola speranza in un mare di cose che non funzionano, dove spesso il fenomeno migratorio diventa un business e i migranti sono solo dei numeri da gestire e sulla cui pelle fare profitti.
Per quanto mi riguarda, Nanà ha rappresentato uno spazio di arricchimento personale e di continuo confronto, in cui giovani migranti coraggiosi mi hanno mostrato come tenere insieme e far convivere dolore e speranza, rabbia e allegria.
È un luogo in cui ho incontrato ragazzi che mi hanno fatto riflettere, mi hanno trasmesso dubbi e mi hanno mostrato lenti diverse da cui poter osservare le cose. Uno spazio in cui mi sono stati descritti realtà e mondi a me lontani, in cui ho assaggiato cibi nuovi e ascoltato musiche meravigliose.
Uno spazio in cui, nonostante tocchi con mano tutte le ingiustizie e gli orrori di questo mondo, si respirano ancora un sentimento di solidarietà e un senso di umanità troppo spesso smarriti.
Francesca Iannella