Giovedì 9 Maggio 2019 Palazzo San Giacomo – Sala Giunta – Napoli
Il Seminario è un’iniziativa del Progetto “Ragazzi Sospesi– Azioni di accompagnamento all’autonomia nel passaggio alla
maggiore età dei minori stranieri non accompagnati”, realizzato in
collaborazione con il partenariato composto da Dedalus, Oxfam Italia, Pio Monte
della Misericordia, Associazione Priscilla e Comune di Napoli, finanziato dal
Bando nazionale “Never Alone, per un domani possibile”, con l’intento di
promuovere modalità innovative per l’accoglienza e l’integrazione dei MSNA
presenti su tutto il territorio nazionale. Nell’ambito
del Seminario saranno approfondite tre piste di lavoro: sistema giuridico, approfondimento socio-antropologico e interventi di presa
in carico sociale, tutti orientati a
riconoscere le specificità e le complessità del lavoro di presa in carico dei
Msna nel passaggio dalla minore alla maggiore età, con un’attenzione
particolare alla programmazione individualizzata finalizzata all’emancipazione
e all’autonomia abitativa e lavorativa dei giovani destinatari.
ore 9.00 Apertura dei lavori
Roberta Gaeta – Assessore alle Politiche Sociali
del Comune di Napoli
Laura Marmorale – Assessore ai Diritti di
cittadinanza ed alla Coesione sociale del Comune di Napoli
Viviana
Valastro – Project Manager Never Alone
ore 9.30
Progetto Ragazzi Sospesi
Glauco Iermano – Coordinatore area minori
cooperativa Dedalus
ore 10.00
Lo
stato dell’arte della legge n.47/2017 a due anni dall’attuazione
Amarilda Lici – ASGI
ore 10.30
Il sistema di accoglienza dei
minori stranieri in Italia alla luce delle recenti modifiche normative: il
ruolo degli enti locali e del SIPROIMI
Virginia Costa – ANCI
ore 11.00
Minori sulla carta, adulti
nella vita: leggere i bisogni e competenze dei minori stranieri non
accompagnati per accompagnare il transito alla maggiore età
Gabriella Argento – Università degli studi di Palermo
ore 11.30
Il punto di vista dei neo-maggiorenni
MD Dilal Hussen e Amadou Janha – Cooperativa
Dedalus
ore 12.30
Gli interventi sociali in
favore dei Msna: le nuove sfide e prospettive di lavoro nella costruzione dei
percorsi di autonomia per i neo-maggiorenni
Barbara Trupiano –
Dirigente Servizio Politiche per l’Infanzia e l’Adolescenza del Comune di
Napoli
ore
13.00
Conclusioni
Filomena Albano – Autorità Garante per l’Infanzia e
Adolescenza
Coordina e modera
Giovanna Tizzi – Oxfam Italia
“Never Alone per un domani possibile” è un’iniziativa di Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Enel Cuore Onlus, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Fondazione CON IL SUD, Fondazione Monte dei Paschi di Siena e Fondazione Peppino Vismara. Never Alone si inserisce nel programma europeo EPIM – European Programme on Integration and Migration, un’iniziativa congiunta di varie fondazioni europee che dal 2005 lavorano sui temi delle migrazioni in Europa.
Sono partito dal mio villaggio
in piena notte, nella primavera del 2012. Avevo 15 anni appena compiuti.
Non dimenticherò mai
quel momento, quandoiniziòil lunghissimo viaggio, durato quasi due anni,che mi
ha portato fino a Napoli nella primavera del 2014.
I miei genitori
sapevano che sarei andato via, viste le difficoltà economiche e di
sopravvivenza quotidiana che attraversava la mia famiglia, ma non immaginavano
che lo avrei fatto quella notte. Partii, con l’intenzione di arrivare in Europa,
insieme ai miei 6 compagni di viaggio,
tutti di due-tre anni più grandi di me.
Lasciammo il nostro
villaggio e arrivammo al centro urbano più vicino, Madaripur; da qui prendemmo
una corriera che ci portò fino a Dacca, la capitale del Bangladesh.Poi, dopo tre
giorni di attesa, prendemmol’aereo egiungemmo ad Islamabad, in Pakistan.
Fin qui, a parte
l’emozione del primo volo aereo e la paura per i documenti contraffatti, il
viaggio fu abbastanza semplice e persinodivertente: viaggiare tutti insieme per la prima volta
fuori dal villaggio, con un misto di paura, disperazione, incoscienza, ma anche
con una gran voglia di mettersi in gioco e di scoprire altri luoghi, ci dava
l’emozione dell’avventura!
Dal Pakistan ci
dirigemmoverso l’Iran. Ma qui le sensazioniiniziarono a cambiare.Ci spostavamo quasi
sempre di notte, a piedi o con i pick up, mentre di giorno usavamo delle
corriere eci fermavamo in delle case senza poter uscire, per non farci scoprire
dalla polizia. Ci muovevamo seguendo i diversi passeurs, che si scambiavano i
nostri documenti e le informazioni sulle tappe successive, ed incrociando altre
persone che seguivano le stesse nostre rotte.Dopo circa due mesientrammoin
Afghanistan.
Dopo molte settimane arrivammo
aKabul.Nascosti in un appartamento,
in attesa delle successive indicazioni per proseguire il viaggio. Dopo circa 3
settimane, finalmente ripartimmo tutti e 7 da Kabul e continuammo a spostarci,
fermandoci di casa in casa.Ogni notte aumentava la paura di essere scoperti ed
arrestati dalla polizia, che si diceva diventasse sempre più dura e pericolosa.
Trascorremmocirca quattromesi,
attraversando l’Afghanistan e l’Iran, per poi raggiungere il confine con la
Turchia.Entrati in Turchia, fummofermati ed arrestati. In prigione fummo
sottoposti a interrogatori quotidiani.I poliziotti volevano rimandarci indietro
in Bangladesh, e a questo scopo provavano ad estorcerci la confessione sulla
nostra provenienza ma, preparati a questa evenienza, ci dichiarammo cittadini
del Myanmar (Birmania),dove non potevano rimpatriarci a causa della guerra
civile nel paese. Chissà come e perché, dopo circa tre mesi di prigione e di
continui interrogatori, liberarono i più piccoli di noidicendoci di andare subito
via dalla Turchia.
Rimanemmo in tre, e,
dopo aver ripreso i contatti con alcuni passeur in Turchia, ci dirigemmo verso
il confine con la Grecia.
Dopo altre notti
passate soffrendo il freddo e la fame, nascondendoci dalla polizia tra le
campagne turche in attesa di trovare la strada libera, incontrammo altri gruppi di persone che
tentavano la stessa nostra sorte. Molti di noi si ammalarono e furono catturati
dai poliziotti turchi. Noi, fortunatamente,scampammo alle numerose retate e,
giunti in prossimità del fiume Evros, aspettammo il momento opportuno per
attraversarlo.
Qui ricordo cheuna
notte, avendo una fame immensa, intravidi un albero con dei fruttisimili alle
mele, ne presi alcune, neaddentaiuna con molta forza,e sentii un fortissimo
dolore: era più dura di una pietra, e mi ruppi i denti…come puoi ben vedere…!
Finalmente, una notte,
insieme ad altre 15 personecirca, decidemmo di oltrepassareil fiume. Io avevo una
paura grandissima a vedere la piccola barchetta sgangherata su cui dovevamo
salire, rimanendoimmobili e in silenzio, col rischio di cadere e di annegare.
Non sapevamo nuotare.
Ma alla fine arrivammo
inGrecia, in Europa! Ci accorgemmo
subito che non era l’Europa che immaginavamo. Dopo molte nottidi cammino, fummo
ad Atene. Qui ci fermammo e capimmo come
organizzare la nostra nuova vita; mi ritrovai solo, perché i miei due compagni vollero
proseguire il viaggio verso l’Italia.
In Grecia rimasicirca
un anno.Ad Atene lavoravo presso un fioraio,una brava persona, che aveva
un piccolo negozio molto frequentato, e dove imparai anche un po’ di greco. Non
stavo male in Grecia, ma non avevo i documenti, né il permesso di soggiorno e
quindi anche qui dovevo nascondermi, finché un giorno non fui controllato dalla
polizia, arrestato e portato in un campo che sembrava una grande prigione
(avevo 16 anni). Rimasi rinchiuso per circa tre mesi, insieme a più di duecento,
tra i quali c’eranomiei connazionali e persone di varia provenienza che mi diedero
molte informazioni sulle possibilità di proseguire il viaggio verso l’Europa. E
qui decisi che sarei venuto in Italia in cerca di una situazione migliore, immaginando
che a Napoli o a Roma avrei trovato molti altri bengalesi che avrebbero potuto
aiutarmi a continuare il viaggio. Appena uscito dal Campo, mi diedi da fare per
ottenere dei documenti falsi con i quali poter attraversare la frontiera con
l’Italia.Da Atene mi spostai verso il Peloponneso e, dopo aver raccolto il
denaro e i documenti, un pomeriggio mi imbarcai a Patrasso sulla prima nave per
l’Italia.
Non ricordo se era Bari
o Brindisi, ricordosolo la grande emozione quando, dopo aver passato i
controlli della polizia sulla nave, scesi sulla terra ferma e mi incamminai
verso la prima stazione ferroviaria. Diretto a Napoli.
Ho ascoltato questo racconto per circa tre ore, seduto sugli scogli di fronte al mare, a Bagnoli,
un pomeriggio di fine luglio del 2015. Mentre il giovane Faran(compagno di
comunità) si tuffava ripetutamente nel mare di fronte a noi, Arkan ripercorreva
in un buon italiano le tappe incredibili del suo viaggio. Il ricordo delle
difficoltà e delle sofferenze non era abbastanza forte da rovinare il sorriso
di quel volto intelligente e sensibile .
Dopo tre mesi Arkan avrebbe compiuto 18 anni e avrebbe dovuto
lasciare la Comunità per minori che lo aveva accolto, a causa del
raggiungimento della maggiore età, interrompendoil percorso di inclusione socio
– educativa intrapreso meno di un anno prima (ottenendo la licenza media
inferiore, completando un tirocinio formativo come cameriere ed ottenendo il
permesso di soggiorno e tutta la documentazione necessaria…).
Occasionalmente ho rincontratoArkane l’anno scorso, quando è
venuto a salutarci al Centro interculturale Nanà, ho gioito insieme a lui per
il lavoro “regolare” di giardiniere che, con passione e amore, sta svolgendo
presso delle famiglie di Via Posillipo. Ho notatola sua nuova dentatura, frutto
del denaro ottenuto con il suo lavoro, che gli ha restituito la dignità e la bellezza di un sorriso che risplende come una metafora del
riscatto dalle difficoltà, delle umiliazioni e delle sofferenze subite durante
il viaggio, una interminabile odissea di due anni.
La storia di Arkan è una tra tante, le migliaia di altre
storie di migrazione, di fuga e disofferenza, di giovani e giovanissimi, e non
solo, che lasciano la loro terra, la loro famiglia, per un dove che non si sa,
loro malgrado.
Che sia da esempio tutti i ragazzi del Centro Nanà: si festeggia con grande orgoglio e felicità il giovane proveniente dall’Albania che ha donato alla grande famiglia Dedalus questo importante risultato.
Aleksander festeggia il suo traguardo.
Benchè possa sembrare una goccia nel mare di un mondo investito da plurilaureati, multidecorati e super titolati, il piccolo ma grande centro Nanà festeggia con grandissima soddisfazione il suo primo diploma…o permeglio dire diplomato!
Si chiama Aleksander Balliu, è nato diciannove anni fa a Tirana e sogna di diventare un ingegnere. Ed il primo mattone l’ha messo proprio nei giorni scorsi ottenendo, con grandi sacrifici e tanto impegno, il tanto agognato e sudato diploma “E’ stata una vera sfida – racconta il giovane – la terminologia scientifica è stato uno degli impedimenti che spesso mi hanno portato a voler mollare. Il mio italiano ancora stentato…ogni procedimento matematico o dimostrazione scientifica diventava doppiamente faticosa perché dovevo prima comprendere il significato delle parole. Il supporto degli insegnanti e dei compagni di classe è stato indispensabile per raggiungere questo grande traguardo!
Ed ora si pensa al futuro. “Vorrei continuare a studiare per diventare ingegnere. Mi piace l’informatica e spero fortemente di riuscire a realizzare il mio sogno… non importa quanto sarà dura”.
“Siamo davvero felici di questo grande traguardo – dice Margherita Torello, insegnante di italiano alla cooperativa Dedalus – delle volte abbiamo pensato di non farcela, ci siamo interrogati ripetutamente su questa nostra scelta ed abbiamo avuto paura di aver spinto Aleksander in un percorso troppo complicato. Aleksander è un ragazzo davvero motivato e particolarmente portato per le materie scientifiche ma è in Italia da circa tre anni, le difficoltà di studiare in italiano e non in albanese delle volte erano come dei macigni. L’impegno, la determinazione e la capacità di Aleksander con il grande aiuto e sostegno dei professori e del Preside dell’istituto scientifico Adriano Tilgher di Ercolano Giuseppe Montella ci hanno permesso di festeggiare questo “nostro primo diploma” che rappresenta una vera grande vittoria per tutti noi del centro interculturale Nanà”. Un ringraziamento speciale va anche a Marilina, volontaria ed insegnante, che ha seguito Aleksander nella preparazione all’esame di Stato, soprattutto nei momenti più intensi.